Se la
Rai poteva avere dimostrato cautele eccessive nella preparazione e nella
programmazione de "La sciarpa", dobbiamo almeno riconoscere ai dirigenti
dell'epoca di aver capito velocemente l'errore di valutazione fatto.
L'eco del successo di quel primo sceneggiato giallo non si era ancora
spenta che già l'emittente di stato ne metteva in cantiere un secondo
ancora tratto da uno script televisivo di Durbridge, mentre quasi
contemporaneamente veniva prodotta, dopo due anni di silenzio dalla fine
di "Giallo Club", una nuova serie di telefilm con protagonista il
tenente Sheridan, ma stavolta senza gioco a quiz abbinato, "Ritorna il
tenente Sheridan", sei episodi autoconclusivi mandati in onda
addirittura sul Programma Nazionale e di domenica in prima serata,
l'orario canonico dei grandi sceneggiati, ad ulteriore testimonianza di
un nuovo rispetto ed interesse da parte della dirigenza nei confronti
del giallo. Il nuovo sceneggiato di Durbridge, che in quell'estate
del 1963 ancora non aveva un titolo italiano, s'intitolava nella sua
versione originale, trasmessa dalla BBC nel 1957, "A Time of Day", e
conteneva nella trama un elemento che avrebbe sicuramente acuito
l'attenzione e alzato i livelli d'ansia del pubblico ben al di là della
classica "caccia al colpevole", e cioè il rapimento di una bambina.
Nuovamente dobbiamo ricorrere alle insostituibili informazioni del
Radiocorriere TV per ricostruire sia pur per sommi capi una storia di
cui negli archivi Rai sembra non esserci più traccia: Janet Freeman, la
figlia decenne di Clive Freeman, scienziato ricco e famoso, sparisce
inspiegabilmente un giorno da scuola. Il rapimento appare subito
piuttosto singolare. Infatti per molti giorni nessuno si fa vivo per
chiedere un riscatto, gettando nell'angoscia il padre e la madre, Lucy,
che non riescono a spiegarsene le ragioni. In realtà, la famiglia
Freeman era tutt'altro che una famiglia felice anche prima della
sparizione di Janet. I due coniugi, infatti, erano ormai ad un passo da
un furioso divorzio, e tra le ipotesi sul movente, la polizia, nella
persona dell'ispettore Kenton, non esclude possa esserci l'interesse di
uno dei due genitori a sottrarre all'altro la custodia della bimba.
Resterebbe da capire eventualmente chi dei due, anche se le maggiori
attenzioni si appunterebbero su Clive, il padre, che andava spesso a
prendere la piccola a scuola e che possiede una macchina dello stesso
modello di quella con cui sarebbe stata vista allontanarsi Janet
all'uscita. Tuttavia anche altri possibili moventi sono considerati con
attenzione dalla polizia. Freeman infatti aveva allo studio nei suoi
laboratori importanti scoperte, e in tal caso Janet avrebbe potuto
essere stata rapita da un'organizzazione di spie interessata a
ricattarlo per acquisire segreti da poter rivendere a delle potenze
straniere (siamo ancora in tempi di piena guerra fredda). Nel suo
evolversi, come ogni buon giallo che si rispetti, la vicenda si
arricchirà di un paio di cadaveri che renderanno ancora più assillante
la nuova domanda che il pubblico italiano si sarebbe ripetuto
sintonizzandosi sul Secondo Programma ogni lunedì e giovedì alle 21,15,
dal 2 Dicembre, fino al suo scioglimento tre settimane dopo, il 18
Dicembre 1963, un mercoledì però, vedremo poi perché, ad un passo dal
Natale: "Chi ha rapito Janet, e che ne sarà stato di lei?" "Paura
per Janet", il titolo che la produzione italiana aveva scelto alla fine
per lo sceneggiato, si adattava quindi molto bene anche allo stato
d'animo dei telespettatori del bel paese, sempre pronti a commuoversi
per la sorte di un bambino, e la scelta della piccola attrice che
avrebbe interpretato il ruolo della bimba scomparsa venne attentamente
effettuata dal regista Daniele D'Anza e dai suoi collaboratori, che
indirono addirittura un concorso in tutta Italia per cercare il volto
adatto per Janet. Tra le migliaia di candidate venne scelta infine la
piccola Silvana Valci, che con i suoi capelli rossi e le sue efelidi,
ben si adattava al ruolo di una bimbetta inglese. Intorno a lei,
facevano corona Aroldo Tieri, di ritorno dopo "La sciarpa" nel ruolo del
padre Clive Freeman, Valentina Fortunato, in quello della madre Lucy
Freeman, Massimo Girotti, l'avvocato e amico di famiglia Lawrence
Howard, e Ernesto Calindri che con i suoi baffetti e quell'aria serafica
very british , era un perfetto ispettore Kenton, con tanto di bombetta.
Lo sceneggiato venne girato come il precedente in buona parte a Roma in
studio, dove vennero ricostruiti molti scorci di strade di Londra, oltre
agli interni di casa Freeman, ma per la prima volta furono autorizzati
anche brevi trasferte in Inghilterra per riprendere alcuni luoghi tipici
della capitale britannica, come Piccadilly Circus o la Victoria Station,
per dare un sapore ancora più realistico alla vicenda. Inoltre,
ormai consci dell'importanza di mantenere il segreto assoluto sulla
conclusione del giallo e sull'identità del colpevole, solo il regista e
i suoi più stretti collaboratori, in primis Franca Cancogni, che
aveva tradotto ed adattato anche il nuovo Durbridge, erano al corrente
del contenuto delle ultime pagine del copione, mentre gli stessi
protagonisti furono tenuti all'oscuro fino all'ultima puntata. Vuole la
leggenda che quelle mitiche pagine finali dei tre unici copioni che
contenevano l'identità del colpevole, fossero state distrutte in
presenza di D'Anza perché non potessero finire in mani sbagllate. Tutte
queste precauzioni che potrebbero apparire esagerate, e anche un po'
ridicole, avevano una loro precisa ragione d'essere: come ho già detto,
molti quotidiani e riviste di spettacolo, già con "La sciarpa", avevano
intuito le potenzialità d'interesse che articoli riguardanti il nascente
genere del giallo televisivo a puntate, e la conseguente ridda di
ipotesi su "come sarebbe andata a finire", sapevano sollevare nei
lettori, e quindi editori e redattori lanciavano i loro reporter alla
caccia d'indizi d'ogni genere sui set dove si girava un nuovo giallo
nella speranza di godere di ghiotte anticipazioni da gettare in pasto al
proprio pubblico. Pensate cosa avrebbe potuto significare entrare in
possesso delle pagine finali di un copione. Una fortuna per il giornale
che ci fosse riuscito, ma una rovina per la produzione che si sarebbe
vista "bruciare" il colpo di scena più atteso dagli spettatori,
rischiando di minare fortemente il livello degli ascolti. La
questione causava paranoie notevoli ai dirigenti Rai che poco meno di
due anni dopo avrebbero avuto modo di toccare con mano cosa voleva dire
esattamente, quando per un errore di tempistica, il romanzo di Casacci e
Ciambricco "La donna di fiori", tratto dall'omonimo sceneggiato giallo
con il tenente Sheridan, che stava andando in onda proprio in quei
giorni, uscì in edicola non la settimana dopo la trasmissione
dell'ultima puntata, come previsto dagli accordi, ma la settimana prima!
Il risultato fu che le edicole vennero prese d'assalto dai lettori che
non vedevano l'ora di sapere chi fosse l'assassino, e la produzione
perse una buona percentuale di ascolti proprio nella puntata conclusiva.
Inutilmente la Rai cercò di rivalersi legalmente sulla casa editrice del
libro, nel tentativo di dimostrare che l'errore era stato in realtà
voluto. E l'ipotesi era tutt'altro che assurda, dato che ci voleva poco
a capire che pubblicare la soluzione del giallo con una settimana
d'anticipo avrebbe significato decuplicare le vendite. Purtroppo però
non fu possibile dimostrare il dolo e la tv di stato si ritrovò nel
classico ruolo del "becco e bastonato". C'è da stupirsi che, con il
passare degli anni, i metodi "anti-spionaggio" si facessero sempre più
sofisticati? E tuttavia, come vedremo, non sempre sarebbe stato
sufficiente, costringendo registi e scrittori ad incredibili
equilibrismi per impedire la fuga di notizie. Ma non precorriamo i
tempi, e torniamo a quel dicembre 1963 ed a "Paura per Janet".
Nonostante il rilievo dato sulla stampa al giallo, certamente non
inferiore a quello ricevuto dal suo predecessore, ci fu una notevole
differenza nei dati sull'accoglienza del pubblico rispetto a "La sciarpa".
Mentre infatti, l'indice di gradimento si mantenne stabile, guadagnando
anzi un paio di punti, 82 contro 80, gli ascolti registrarono un calo
piuttosto ragguardevole: circa due milioni di spettatori in meno, che
rientravano sì nella media della rete cadetta, ma che risultavano
tuttavia inspiegabili sulla scorta di quelli che erano stati invece i
risultati ottenuti il Marzo precedente con l'altro sceneggiato dello
stesso autore, sullo stesso canale e alla stessa ora. Probabilmente, "Paura
per Janet" pagò l'infelice collocazione del giovedì, quando a fargli
concorrenza sul Programma Nazionale, c'era "Gran Premio", quello che
oggi chiameremmo un talent-show , incentrato su un torneo
regionale che aveva come protagonisti cantanti, attori, fantasisti
dilettanti di ogni genere, e provenienti da tutte le regioni italiane
che divisi in squadre si affrontavano ogni settimana nelle loro
rispettive specialità, spalleggiati di volta in volta da famosi
personaggi dello spettacolo che erano originari ciascuno di quella o di
quell'altra regione e che facevano loro da padrini o madrine. Il varietà,
presentato dal popolarissimo Carlo Campanini, indimenticabile spalla
comica di grandi attori come Totò o Walter Chiari, era per di più
abbinato alla Lotteria di Capodanno. Quanto di più nazional-popolare si
potesse pensare per monopolizzare l'attenzione dello spettatore di casa
nostra. Quando il giallo di Durbridge iniziò, "Gran Premio" era già in
onda da settimane e si era costruito un suo pubblico numerosissimo e
fedelissimo che certamente non avrebbe rinunciato a seguire e sostenere
i beniamini della propria regione, specialmente nella speranza di
vincere i ricchi premi che erano loro abbinati, per seguire le indagini
di Calindri, e quindi questo finì per ripercuotersi negativamente sugli
ascolti dello sceneggiato. All'epoca, poi, le rilevazioni di quello che
si chiamava il "Servizio Opinioni", e che serviva appunto a
percentualizzare il numero di spettatori ed il gradimento di ogni
programma televisivo e radiofonico, arrivavano con molta più lentezza, e
quindi i dirigenti Rai si resero conto solo con molto ritardo della
situazione, correndo ai ripari solo all'ultima puntata che fu anticipata
così al mercoledì, ma troppo tardi per risollevare in maniera evidente i
dati di ascolto. Tuttavia questa parziale debacle , non era
certo da imputare alla storia di Durbridge, che aveva comunque ottenuto,
come abbiamo visto, un altissimo indice di gradimento tra chi aveva
seguito la vicenda, e oramai il giallo a puntate era comunque un genere
"sicuro" su cui la Rai era disposta a puntare. Di lì a poco infatti,
sarebbe partita la realizzazione delle prime storie di Georges Simenon
con protagonista il commissario Maigret, interpretato dal grandissimo
Gino Cervi, e si cominciava a pensare che anche il popolarissimo
Sheridan di Ubaldo Lay, che aveva confermato con la recente nuova serie
il suo successo presso il pubblico televisivo, fosse maturo per
affrontare un caso poliziesco ad ampio respiro. Ma i tempi della Rai di
quegli anni, priva di concorrenza e non costretta come quella degli
ultimi decenni ad inseguire mode e tendenze, erano lunghi, e
quest'ultimo evento, come abbiamo già visto, non si verificherà che due
anni dopo, nel 1965. Mentre per assistere al ritorno di Francis
Durbridge con un nuovo giallo ci vorrà ancora più tempo, quasi tre anni,
ma quando avverrà sarà valso la lunga attesa.
Text:
Antonio Scaglioni
Herzlichen Dank für zusätzliche Infos bzgl. Stab &
Besetzung an Antonio Scaglioni |